Prestito tra coniugi

Prestito tra coniugi: cos’è e cosa prevede la legge

Il prestito tra coniugi è una particolare tipologia di prestito molto diffusa che si ritiene utile in caso di spese familiari improvvise ed inaspettate. A dir la verità possiamo considerarlo un prestito-non-prestito dal momento che, come vedremo, non prevede l’obbligo di restituzione della somma ricevuta. Il prestito tra coniugi è disciplinato dal Codice Civile e, pertanto, le norme che lo riguardano si rifanno all’istituto del matrimonio e al negozio privato. Vediamo in cosa consiste e come funziona.

Cos’è il prestito tra coniugi e come funziona

Il prestito tra coniugi è un finanziamento richiesto per far fronte a spese familiari importanti come cure mediche, saldi di bollette o per ristrutturazione casa. In generale è un prestito che appartiene alla categoria dei finanziamenti tra privati e che non passa attraverso un istituto di credito o la banca. Tuttavia la legge prevede precise regolamentazioni per questo genere di transazioni che tratteremo nelle righe che seguono. In generale però è sempre meglio informarsi con attenzione in merito ai requisiti di un finanziamento.

Non prevede l’obbligo di restituzione

Il prestito tra privati come quello tra coniugi non è identificato come un vero e proprio finanziamento. Piuttosto è un vero e proprio accordo privato e, pertanto, le norme relative e giuridiche del caso valgono solo in assenza del diritto di restituzione. Questo significa che la regola per cui il richiedente è soggetto all’obbligo di restituzione non è valida. Quindi significa che le somme prestate e spese dal coniuge ricevente possono non essere restituite se utilizzate per la famiglia. Dunque tali spese rientreranno nel rapporto di matrimonio che, come riportato nel Codice Civile, impone a entrambi i coniugi di contribuire ai bisogni della famiglia.

Perché il prestito tra coniugi non è un vero prestito

Tuttavia se questa forma di prestito non è, in realtà, un vero e proprio prestito, perché è segnalato e normato dalla legge? Diciamo che è una transazione in denaro che, in qualche modo, deve esser giustificata. Se una persona senza lavoro riceve sul proprio conto corrente una cifra consistente è ovvio che potrebbe attirare su di sé leciti sospetti.

Ecco dunque che i prestiti familiari sono tutelati dalla legge assumendo una forma che permette di escludere la formulazione di interessi. Quindi la restituzione assume una forma “morale” e non legale trattandosi di solidarietà reciproca, mutuo soccorso o elemento imprescindibile del rapporto coniugale. Per la Cassazione è caratterizzata dalla cosiddetta “riservatezza della vita familiare”. Ecco perché, anche in caso di separazione, il donatore non potrà chiedere la restituzione se non su base volontaria e mai giudiziale.

Le possibilità di restituzione in caso di divorzio

Differentemente quando due coniugi si impegnano con un accordo scritto di mutuo gratuito si potrà procedere alla richiesta del denaro prestato dopo la separazione ma sempre nei casi in cui il ricevente non abbia utilizzato tale somma per le spese familiari. La questione è senza dubbio complessa e caratterizzata da fattori molto specifici per i quali, trattandosi di diritto familiare e privato, occorrerà rivolgersi ad un legale a cui affidare la tutela dei propri interessi.

La restituzione in luogo di scioglimento dell’unione matrimoniale

Questo è vero soprattutto nei casi in cui non rientrano in onere di reciproca assistenza e solidarietà quelle somme appartenenti al patrimonio di uno dei due coniugi e utilizzate per sostenere il patrimonio comune. In questo caso il denaro può essere richiesto dal coniuge che lo ha prestato e potrà avanzare richiesta dal momento in cui verrà decretato lo scioglimento dell’unione matrimoniale. Infine è importante sapere che con Sentenza di Corte di Cassazione n. 1176/2018 le attribuzioni patrimoniale a favore del coniuge e quelle del convivente more uxorio sono considerate adempimenti di obbligazione naturale come da articolo 2034 del Codice Civile. Il giudice, pertanto, valuterà i principi di proporzionalità ed adeguatezza e la somma richiedibile sarà solamente quella estranea alla convivenza che lega le parti fino al momento in cui l’unione non sarà cessata.